In vista solo baci con lo schiocco

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In vista solo baci con lo schiocco

La sigla è Ttip, e sta per Transatlantic Trade and Investment Partenrship, il più grande accordo commerciale bilaterale di sempre. L’annuncio dell’avvio dei negoziati è stato dato l’altrieri, nero su bianco – per citare il titolo del primo delizioso romanzetto del mio quasi compaesano Carlo Dossi – da Loughe Erne, Ulster, nel corso del G8.

Da un lato gli Stati Uniti, dall’altro l’Unione Europea, un asse in grado di controllare la metà degli scambi commerciali mondiali, l’ipotesi di una governance planetaria. Sono già stati calcolati i possibili benefici, addirittura superiori per la Ue: 119 miliardi di euro contro i 95 miliardi degli Stati Uniti.

Dicono che se venisse attuato nelle sua forma più radicale, questo accordo di libero scambio, l’export italiano farebbe un botto, che in alcuni settori particolarmente gravati dalle protezioni maggiori – tipico caso è la moda –  giungerebbe quasi al 20%. Dicono che per le imprese l’abbattimento dei costi doganali e delle procedure amministrative sarebbe una manna, e che le risorse liberate andrebbero necessariamente a impattare molto positivamente sul Pil.

C’è chi si stupisce che a promuovere l’accordo sia stata proprio l’amministrazione Obama, non particolarmente sensibile alle problematiche del Vecchio Continente, ma chi lo fa non si rende conto che i paesi emergenti, prima fra tutti la Cina, è da oltre un decennio che ci stanno letteralmente mangiando vivi. La Cina per l’esattezza è una dozzina d’anni, dal suo ingresso nel Wto, l’organizzazione mondiale del commercio.

Leggo su “L’Espresso” odierno che il presidente della squadra di calcio di Sesto San Giovanni si fa chiamare Alberto ma è cinese, il suo vero nome è Lu Rong Yi. Alberto lo è diventato in memoria di Sordi, che amava e ammirava al punto che quando morì il dispiacere gli fece prendere il treno per i funerali romani. È un dettaglio, ma dà la misura del processo di integrazione in corso.

Sesto, la Stalingrado d’Italia, Sesto che a inizio Novecento vide una crescita industriale incontenibile, Sesto del sindacato forte e del miracolo economico, Sesto inconsolabile orfana della Falck, Sesto, oggi, se vive, è perché ci sono i cinesi.

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Nessuno riesce a fare i loro prezzi, che spesso nascono dall’illegalità del lavoro nero e dall’accettazione di condizioni di vita per noi italiani impensabili. Figuriamoci quel che avviene in Cina. I paesi emergenti producono tanto, sempre di più, e propongono a meno, a sempre di meno.

Ecco allora l’idea dell’accordo, l’idea che riducendo dazi e tariffe si liberino risorse da investire e si favoriscano gli scambi commerciali. Produrre di più, vendere di più.

Chissà perché a me ‘sta cosa fa venire in mente la guerra atlantica condotta e persa dagli U-boot contro i navigli mercantili alleati tra il ’40 e il ’43. Ne affondavano 800 tonnellate al mese. Come niente fosse. Non bastava mai. E se fosse che gli accordi erano da fare con la Cina?

Ora al largo  delle coste d’Irlanda di U-Boot non ne passano più, e così nessuno se la ricorda ormai questa vecchia storia, della fine che fa chi prova a sfidare chi sa produrre col numero.

«Tu sei più giovane di me» dice Obama al nostro Letta sotto il portico del resort. Anche David Cameron, che sostiene che ora si è messo «il turbo alle economie transatlantiche», è molto giovane, qualche mese in più del nostro Enrico, ed altrettanto fortunato, per aver ricevuto anch’egli, dalla Merkel, un bacio con lo schiocco.

A presto. 

Edoardo Varini

(19/06/2013)

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