Far pagare le tasse ai ricchi. Basterebbe questo

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Far pagare le tasse ai ricchi. Basterebbe questo

Mentre sto organizzando un convegno sul tema della disuguaglianza economica, per fine maggio, leggo gli sviluppi del «più grande scandalo di evasione fiscale della storia», “Panama Papers”: undici milioni e mezzo di file segreti su oltre 200 mila società offshore riconducibili a leader politici, trafficanti, sportivi e attori. Il frutto di un’inchiesta dell’International Consortium of investigative Journalists, 370 reporter di 76 paesi che si sono ricordati di come andrebbe fatto il loro mestiere: bravi! È un conforto.

Quasi quarant’anni di documenti, dal 1977 a fine 2015, coinvolti almeno 12 leader mondiali e relativi familiari: da Putin, al padre di Cameron, dal premier islandese Gunnlaugsson al presidente ucraino Porochenko, dal presidente cinese Xi Jinping al premier pachistano Nawaz Sharif. Noi italiani siamo presenti con un folto manipolo di mille soggetti, un battaglione, tra cui spicca l’impomatato Luca Cordero di Montezemolo, ex presidente Ferrari S.p.a, Ferrari N.V. ed amministratore delegato della stessa fino al 2006, ex presidente Confindustria ed attuale presidente di Alitalia Sai.

Ma al di là di questi episodi che non so con quale faccia di bronzo chiamiamo “scandali” (ma lo scandalo non è improvvisa rivelazione di qualcosa di gravemente immorale? Che i ricchi della terra ricorrano ai paradisi fiscali è considerabile scandalo? Cioè: non lo si sapeva?) io punterei l’attenzione sull’assoluta noncuranza dei governi verso la crescente defiscalizzazione della ricchezza. Una cosa che avviene ogni giorno, e nessuno pare curarsene. Un solo dato, stellestrisce. Negli utlimi anni, in Usa, le tasse dei super-ricchi sono passate del 29 al 20% e questo a fronte di una crescita della povertà fino al 15% della popolazione, ossia 46 milioni di individui.

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L’America seguita ad indebitarsi perché il governo non riesce ad aumentare le tasse ai suoi miliardari. Anche a miliardari, come Warren Buffett, che da tempo chiedono che venga fatto, che ha avuto l’onestà di dire: «La lotta di classe esiste almeno da vent’anni e la mia classe l’ha vinta. Noi siamo quelli che hanno avuto riduzioni fiscali ingenti».

Un altro dato, che in teoria una volta diffuso dovrebbe innescare una rivoluzione, e invece sedimenta nel fondo delle nostre intorpidite coscienze come un altro ennesimo seme in un fondale limaccioso: nel corso del 2015, l’1% della popolazione mondiale è divenuto più ricco del restante 99%. Nel 2010, 388 persone possedevano la medesima ricchezza della metà più povera della popolazione mondiale. Lo scorso anno non erano più 388, erano 62, e la ricchezza che possedevano era pari a quella di 3,6 miliardi di persone. Lo si legge nel rapporto Oxfam, una delle più importanti confederazioni internazionali del mondo specializzata in aiuto umanitari e progetti di sviluppo. Un rapporto basato sui dati “Forbes”, dati attendibili: nessuno sa quantificare la ricchezza come loro.

La Direttrice esecutiva di Oxfam International, Winnie Byaniyma, ha detto che: «È semplicemente inaccettabile che la metà più povera della popolazione mondiale possieda quanto qualche dozzina di super-ricchi, così pochi che potrebbero stare tutti su un unico autobus. La preoccupazione dei leader mondiali nei confronti dell’aumento delle disuguaglianze finora non si è tradotta in azioni concrete: il mondo è diventato più disuguale e la tendenza è in accelerazione. Non possiamo continuare a permettere che centinaia di milioni di persone soffrano la fame mentre le risorse che potrebbero essere utilizzate per aiutarli vengono aspirate da quelli in alto. Sfido i governi, le imprese e le élite che si riuniranno a Davos a fare la loro parte per porre fine all’era dei paradisi fiscali, che alimentano la disuguaglianza economica e impediscono a centinaia di milioni di persone di uscire dalla povertà. Le multinazionali e le élite ricche stanno giocando con regole diverse rispetto agli altri, si rifiutano di pagare le tasse di cui la società ha bisogno per funzionare. Il fatto che 188 delle 201 aziende leader al mondo siano presenti in almeno un paradiso fiscale dimostra che è tempo di agire».

Però i governi non fanno niente. Non c’era bisogno dello scandalo “Panama Papers” per capire che i governanti non si pongono da tempo altro problema che il proprio arricchimento personale ed i loro personale – mediatico, intendiamoci, perché la storia se li mangerà tutti, vivi o morti che siano – prestigio.

Se la diseguaglianza sociale cresce e non si interviene per ridistribuire la ricchezza, che significherà mai? Che va bene così. M se la classe politica fosse davvero espressione democratica, se davvero rappresentasse gli interessi degli elettori, non potrebbe andare bene così. Stiamo andando verso quella democrazia di cartapesta che vorrebbe che soltanto tre elettori su dieci andassero a votare: sto parlando delle presidenziali americane.

Gli altri sono talmente intontiti, demotivati, disperati da non andarci più. Sta accadendo anche qui. E se qualcuno obietta che si tratta di una degenerazione inaccettabile della democrazia elettiva gli si risponde che queste sono le regole. Che non si può obbligare la gente a votare. Ed è vero. Ma lo Stato non ha l’obbligo di formare una coscienza civica e di garantire a tutti pari opportunità? O ha solo l’obbligo di far pagare un canone per la visione di sculettate e moine chiamandole servizio pubblico. E ci sono facce che per evitare volgarità diremo di bronzo, facce di “giornalisti”, che dicono che le persone oneste le tasse le devono pagare tutte. Anche quelle che irridono logica, coerenza e decenza. Io mi fermerei un attimo qui. Ma il rispetto di se stessi e della ragione non viene prima di quello dello Stato?

Voglio chiudere con un dato italiano, così la smettiamo di credere che la diseguaglianza economica sia solo cosa d’altri: nel Bel paese il 20% delle persone detiene il 61,6% della ricchezza nazionale netta, e il 20% degli italiani più poveri possiede di tale ricchezza solo lo 0,4%. Adesso andiamo pure a vedere alla tv come si cucina la lingua di pappagallo. O il manager buono che prima ti fa piangere e poi ti promuove. O il cantante famoso che schiaccia il bottone e ti regala il sogno. Ma non viene mai il sospetto a nessuno che un sogno interminato sia un incubo? Svegliarsi una volta per tutte, no?

A presto. 

Edoardo Varini

(5/4/2016)

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